17.10.2008
SPECIALE BERTONE - Le figlie tornano la vertice
La Bertone è un corpo senza testa. Ora la variabile impazzita
dell'affaire Bertone sono i soci di minoranza, la famiglia Gracco
De Lay: non vogliono che la società fallisca e, allo stesso tempo,
non vogliono nominare un nuovo amministratore. Il risultato è che
ieri, in un consiglio d'amministrazione ricco di colpi di scena,
l'esito è stato ancora una volta un nulla di fatto. Ma per capire
la nuova puntata di una telenovela giocata sul destino lavorativo
di oltre 1.200 operai in cassa integrazione è meglio procedere con
ordine.
La Bertone Spa è l'azienda che controlla la storica carrozzeria, attualmente in amministrazione straordinaria. Tra i suoi soci ci sono Lilli Bertone (la vedova del fondatore Nuccio), che detiene il 20% delle quote, la famiglia Gracco De Lay (cugini dei Bertone), che controllano il 35% e la NuBe, società che possiede il 45% e che è posseduta al 50% dalla vedova stessa e al 25% a testa dalle due figlie di Nuccio, Barbara e Mary Jeanne. Ad agosto Lilli aveva tentato di prendere il controllo della società che porta le iniziali del fondatore con un blitz burocratico, cioè trasformandola da società semplice (ss) a società a responsabilità limitata (srl). La novità è che martedì il giudice del registro delle imprese ha accettato il ricorso presentato dalla figlia Barbara e ha annullato la modifica.
La NuBe è così tornata in mano alle due eredi di Nuccio, che ieri si sono presentate al consiglio di amministrazione straordinario della Bertone Spa forti del loro 45% ed hanno chiesto, tramite il loro avvocato Carlo Tabellini, la messa in liquidazione della società. Una mossa che avrebbe di fatto sbloccato la situazione, perché avrebbe fatto passare la palla in mano ai tre commissari straordinari, permettendo loro di trattare anche il marchio e i terreni con i sei soggetti che nei mesi scorsi hanno manifestato interesse nei confronti della carrozzeria. Ma la richiesta è stata bocciata sia dalla vedova Bertone, per bocca del redivivo avvocato Truglia, sia dalla famiglia Gracco, che ha delegato il proprio legale Sartori.
Il cda straordinario è poi continuato con una votazione per portare la maggioranza necessaria a modificare lo statuto societario dal 50% più una al 70% delle quote. Un modo per "blindare" la società ed evitare colpi di mano. La vedova Bertone ha votato contro la delibera, i Gracco e le figlie si sono invece espresse favorevolmente, facendola così approvare.
Chiuso il consiglio straordinario, è iniziato quello ordinario. L'ormai ex-amministratore giudiziario Gili, la cui nomina è scaduta l'11 settembre, ha chiesto la nomina di un nuovo vertice societario. Il legale di Barbara e Marie Jeanne ha votato contro, mentre l'avvocato Truglia ha chiesto, per conto della vedova Bertone, che in cabina di controllo sedessero uomini vicini alla signora Lilli. Qui il colpo di scena: i Gracco hanno votato contro questa nomina, senza proporre alternative.
I cugini della famiglia Bertone hanno così dimostrato di non credere nella bontà del piano industriale della vedova, ma hanno creato un'ulteriore impasse della situazione. Facile pensare che lo abbiano fatto per tutelare i propri interessi, cioè per evitare la liquidazione della holding e per valorizzare il più possibile la quota in loro possesso.
E adesso? Probabile che la "patata bollente" passi di nuovo nelle mani del tribunale. Perché è facile che il giudice decida di nominare d'ufficio quel vertice che per due volte il cda non è stato in grado di eleggere. Soprattutto se ne verrà fatta richiesta da parte dell'attuale amministratore Gili oppure da uno dei soci. Cosa pressoché certa, visto che le figlie Barbara e Marie-Jeanne hanno già annunciato questa intenzione tramite il loro avvocato e hanno fatto sapere di essere intenzionate a liquidare la società per agevolare le trattative dei tre commissari straordinari della carrozzeria.
Un piccolo raggio di sole, ma il tempo è tiranno: manca poco al 31 dicembre, il termine ultimo che si sono dati i commissari per salvare la carrozzeria dal fallimento. Una lotta contro il tempo che anche i sindacati sono pronti a combattere: «I colpi di scena si susseguono, ma per i lavoratori non cambia nulla - dice Giorgio Airaudo, segretario regionale della Fiom - . Però la situazione peggiora e il futuro si fa giorno dopo giorno più incerto. Per questo siamo determinati a nuove azioni per uscire dall'impasse. Un impasse che si gioca sulla pelle di 1.200 lavoratori, stressati e stremati da mesi di rinunce».
La Bertone Spa è l'azienda che controlla la storica carrozzeria, attualmente in amministrazione straordinaria. Tra i suoi soci ci sono Lilli Bertone (la vedova del fondatore Nuccio), che detiene il 20% delle quote, la famiglia Gracco De Lay (cugini dei Bertone), che controllano il 35% e la NuBe, società che possiede il 45% e che è posseduta al 50% dalla vedova stessa e al 25% a testa dalle due figlie di Nuccio, Barbara e Mary Jeanne. Ad agosto Lilli aveva tentato di prendere il controllo della società che porta le iniziali del fondatore con un blitz burocratico, cioè trasformandola da società semplice (ss) a società a responsabilità limitata (srl). La novità è che martedì il giudice del registro delle imprese ha accettato il ricorso presentato dalla figlia Barbara e ha annullato la modifica.
La NuBe è così tornata in mano alle due eredi di Nuccio, che ieri si sono presentate al consiglio di amministrazione straordinario della Bertone Spa forti del loro 45% ed hanno chiesto, tramite il loro avvocato Carlo Tabellini, la messa in liquidazione della società. Una mossa che avrebbe di fatto sbloccato la situazione, perché avrebbe fatto passare la palla in mano ai tre commissari straordinari, permettendo loro di trattare anche il marchio e i terreni con i sei soggetti che nei mesi scorsi hanno manifestato interesse nei confronti della carrozzeria. Ma la richiesta è stata bocciata sia dalla vedova Bertone, per bocca del redivivo avvocato Truglia, sia dalla famiglia Gracco, che ha delegato il proprio legale Sartori.
Il cda straordinario è poi continuato con una votazione per portare la maggioranza necessaria a modificare lo statuto societario dal 50% più una al 70% delle quote. Un modo per "blindare" la società ed evitare colpi di mano. La vedova Bertone ha votato contro la delibera, i Gracco e le figlie si sono invece espresse favorevolmente, facendola così approvare.
Chiuso il consiglio straordinario, è iniziato quello ordinario. L'ormai ex-amministratore giudiziario Gili, la cui nomina è scaduta l'11 settembre, ha chiesto la nomina di un nuovo vertice societario. Il legale di Barbara e Marie Jeanne ha votato contro, mentre l'avvocato Truglia ha chiesto, per conto della vedova Bertone, che in cabina di controllo sedessero uomini vicini alla signora Lilli. Qui il colpo di scena: i Gracco hanno votato contro questa nomina, senza proporre alternative.
I cugini della famiglia Bertone hanno così dimostrato di non credere nella bontà del piano industriale della vedova, ma hanno creato un'ulteriore impasse della situazione. Facile pensare che lo abbiano fatto per tutelare i propri interessi, cioè per evitare la liquidazione della holding e per valorizzare il più possibile la quota in loro possesso.
E adesso? Probabile che la "patata bollente" passi di nuovo nelle mani del tribunale. Perché è facile che il giudice decida di nominare d'ufficio quel vertice che per due volte il cda non è stato in grado di eleggere. Soprattutto se ne verrà fatta richiesta da parte dell'attuale amministratore Gili oppure da uno dei soci. Cosa pressoché certa, visto che le figlie Barbara e Marie-Jeanne hanno già annunciato questa intenzione tramite il loro avvocato e hanno fatto sapere di essere intenzionate a liquidare la società per agevolare le trattative dei tre commissari straordinari della carrozzeria.
Un piccolo raggio di sole, ma il tempo è tiranno: manca poco al 31 dicembre, il termine ultimo che si sono dati i commissari per salvare la carrozzeria dal fallimento. Una lotta contro il tempo che anche i sindacati sono pronti a combattere: «I colpi di scena si susseguono, ma per i lavoratori non cambia nulla - dice Giorgio Airaudo, segretario regionale della Fiom - . Però la situazione peggiora e il futuro si fa giorno dopo giorno più incerto. Per questo siamo determinati a nuove azioni per uscire dall'impasse. Un impasse che si gioca sulla pelle di 1.200 lavoratori, stressati e stremati da mesi di rinunce».
(Repubblica, 17 ottobre 2008)
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