01.09.2008

Cento giorni per salvare la Bertone

Un consiglio di amministrazione della Bertone convocato a luglio e rimasto tecnicamente aperto aveva fatto timidamente sperare che la famiglia avesse trovato un compratore disposto ad accollarsi i debiti e a far ripartire la produzione, chiudendo anche la stagione dell'amministrazione controllata. Ma così non è. Anche l'ultima speranza attorno alla storica carrozzeria fondata da Nuccio Bertone sembra svanita e resta solo l'irritazione dei tre commissari nominati dal governo e l'ennesima delusione dei mille operai. Soprattutto per loro il futuro appare più incerto che mai. O si trova una soluzione entro la fine dell'anno oppure l'ombrello della cassa integrazione svanirà e non resterà che che la prospettiva del licenziamento. Insomma, quattro mesi, poco più di cento giorni, per definire il futuro dell'azienda automobilistica in crisi ormai da quattro anni. E che il tempo stia per scadere se ne è accorto anche il consigliere regionale Vincenzo Chieppa che ha chiesto che nella prima riunione di Palazzo Lascaris si faccia il punto per evitare che sulla vicenda «cali un pesante velo di silenzio mentre i lavoratori continuano ad attendere una soluzione». E ancora: «Bisogna chiudere al più presto la vicenda e ridare certezza del futuro a un'azienda che rappresentato un importante segmento del tessuto manufatturiero dell'area metropolitana torinese e alla quale la gestione commissariale è chiamata a dare tempestive e positive risposte».

Già, i commissari. A luglio, nel giorno della presentazione del piano di cessione al ministero, Stefano Ambrosini, che si è speso più di tutti in questi mesi per trovare una soluzione, aveva auspicato uno scatto di «saggezza e lungimiranza». Un messaggio indirizzato alla famiglia perché accettasse di cedere anche il marchio e i terreni dell'azienda perché è ciò che chiedono tutti quelli che in questi mesi hanno bussato alla porta di Ambrosini, Perlo e Nicastro interessati all'acquisto della carrozzeria. Ma quel gesto non c'è stato e così la situazione di impasse continua. Non c'è però solo il fascicolo della Bertone a preoccupare gli enti locali, in primis la Regione. Sul tavolo dell'assessore alle attività produttive Andrea Bairati compare un altro dossier: quello della Pininfarina. L'azienda – choccata dalla perdita ai primi di agosto del suo timoniere Andrea Pininfarina, morto in un incidente stradale a Trofarello – conta in provincia tre stabilimenti, oltre al quartier generale di Cambiano: in tutto più di duemila dipendenti. «Un patrimonio di tutti», come hanno sottolineato all'unisono imprenditori, politici e sindacalisti nei giorni del dramma. Andrea aveva messo a punto un piano che – grazie anche a un intelligente opera di diplomazia – sembrava destinato a portare fuori il gruppo dalle secche di una crisi finanziaria grazie al coinvolgimento di imprenditori di grosso peso come Vincent Bolloré e Ranan Tata. Ora quel compito è passato ai fratelli Paolo – nominato presidente – e Lorenza con lo staff guidato da Angori e Albertini, due collaboratori scelti dallo stesso Andrea. La missione punta a salvaguardare il marchio (design e ingegneria), il progetto dell'auto elettrica studiato proprio con Bolloré e l'occupazione. «Ma la strada è impervia, e richiede una grande attenzione».



(La Repubblica, 1 settembre 2008)

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