Cento giorni per salvare la Bertone
Un consiglio di amministrazione della
Bertone convocato a luglio e rimasto tecnicamente aperto aveva fatto
timidamente sperare che la famiglia avesse trovato un compratore
disposto ad accollarsi i debiti e a far ripartire la produzione,
chiudendo anche la stagione dell'amministrazione controllata. Ma così
non è. Anche l'ultima speranza attorno alla storica
carrozzeria fondata da Nuccio Bertone sembra svanita e resta solo
l'irritazione dei tre commissari nominati dal governo e l'ennesima
delusione dei mille operai. Soprattutto per loro il futuro appare più
incerto che mai. O si trova una soluzione entro la fine dell'anno
oppure l'ombrello della cassa integrazione svanirà e non
resterà che che la prospettiva del licenziamento. Insomma,
quattro mesi, poco più di cento giorni, per definire il futuro
dell'azienda automobilistica in crisi ormai da quattro anni. E che il
tempo stia per scadere se ne è accorto anche il consigliere
regionale Vincenzo Chieppa che ha chiesto che nella prima riunione di
Palazzo Lascaris si faccia il punto per evitare che sulla vicenda
«cali un pesante velo di
silenzio mentre i lavoratori continuano ad attendere una soluzione».
E ancora: «Bisogna chiudere al più presto la vicenda e
ridare certezza del futuro a un'azienda che rappresentato un
importante segmento del tessuto manufatturiero dell'area
metropolitana torinese e alla quale la gestione commissariale è
chiamata a dare tempestive e positive risposte».
Già,
i commissari. A luglio, nel giorno della presentazione del piano di
cessione al ministero, Stefano Ambrosini, che si è speso più
di tutti in questi mesi per trovare una soluzione, aveva auspicato
uno scatto di «saggezza e lungimiranza». Un messaggio
indirizzato alla famiglia perché accettasse di cedere anche il
marchio e i terreni dell'azienda perché è ciò
che chiedono tutti quelli che in questi mesi hanno bussato alla porta
di Ambrosini, Perlo e Nicastro interessati all'acquisto della
carrozzeria. Ma quel gesto non c'è stato e così la
situazione di impasse continua. Non c'è però solo il
fascicolo della Bertone a preoccupare gli enti locali, in primis la
Regione. Sul tavolo dell'assessore alle attività produttive
Andrea Bairati compare un altro dossier: quello della Pininfarina.
L'azienda – choccata dalla perdita ai primi di agosto del suo
timoniere Andrea Pininfarina, morto in un incidente stradale a
Trofarello – conta in provincia tre stabilimenti, oltre al quartier
generale di Cambiano: in tutto più di duemila dipendenti. «Un
patrimonio di tutti», come hanno sottolineato all'unisono
imprenditori, politici e sindacalisti nei giorni del dramma. Andrea
aveva messo a punto un piano che – grazie anche a un intelligente
opera di diplomazia – sembrava destinato a portare fuori il gruppo
dalle secche di una crisi finanziaria grazie al coinvolgimento di
imprenditori di grosso peso come Vincent Bolloré e Ranan Tata.
Ora quel compito è passato ai fratelli Paolo – nominato
presidente – e Lorenza con lo staff guidato da Angori e Albertini,
due collaboratori scelti dallo stesso Andrea. La missione punta a
salvaguardare il marchio (design e ingegneria), il progetto dell'auto
elettrica studiato proprio con Bolloré e l'occupazione. «Ma
la strada è impervia, e richiede una grande attenzione».
(La
Repubblica, 1 settembre 2008)
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