18.10.2008

AIRAUDO: ”Molte fabbriche senza più ordini. 2009 sarà grigio”

Niente ordini per i primi mesi del 2009. Crescita, rapidissima, del ricorso alla cassa integrazione - già passata dalle novanta domande del giugno scorso alle 250 che si registrano ora nelle aziende metalmeccaniche di Torino e dintorni. Intere famiglie sull' orlo della povertà, poiché ad essere coinvolto dalla crisi non è un solo prodotto, sia pure centrale, come era avvenuto nel 2002 con l' automobile, ma un sistema industriale al completo. Lo scenario, uno scenario ancora più grave per la città e per la sua area di quello descritto ieri su Repubblica dalla presidente dell' Api Claudia Porchietto, lo dipinge Giorgio Airaudo, leader della Fiom.
Airaudo, già da qualche tempo lei afferma che la crisi in atto non è soltanto finanziaria ma anche industriale. E che sarà peggio del 2002. Su che cosa si basa?
«Su ciò che ci dicono ogni giorno non solo i nostri delegati ma gli imprenditori che incontriamo e che annunciano la richiesta di cassa integrazione. "Non abbiamo ordini per il 2009", è la loro prima affermazione. E questa volta non si parla soltanto dell' auto: è ferma la produzione dei veicoli industriali e quella della macchine movimento terra, ma è ferma anche quella degli stampaggi e della siderurgia, come sta avvenendo a San Didero. Anche aziende come l' Engineering o la Berco, o, ancora, chi produce cartelloni pubblicitari sono in crisi e chiedono la cassa. Solo l' aeronautica, per ora, non sembra colpita, ma è perché lì gli ordini vengono fatti con anni di anticipo e perché esistono forti commesse pubbliche. Su 40.000 lavoratori, 15.000 sono coinvolti dalla cassa».
Eppure oggi (ieri, ndr) le borse hanno reagito ancora con euforia all' impegno dei governi. Non basta?
«La crisi non è solo finanziaria, ma industriale. Negli ultimi dieci anni non c' è stato vero sviluppo ma una spinta "drogata" all' acquisto di prodotti, spesso non utili. Per questo che la crisi non è paragonabile al 2002 ma, semmai, al 1929. Servono misure urgenti per proteggere chi ha perso il lavoro e chi non arriva a fine mese, ma serve anche un progetto alternativo per far ripartire davvero la produzione, tenendo conto delle risorse che abbiamo e dell' ambiente che ci circonda».
Airaudo, lei fa il sindacalista e difende i posti di lavoro, come può predicare la decelerazione, i consumi più bassi, il risparmio energetico?
«Invece lo faccio, perché sono convinto che senza un modello alternativo le nostre fabbriche finiranno male. Sergio Marchionne ha avuto l' indubbio merito di risollevare la Fiat dal coma profondo nel quale si trovava, ma dal 2002 ad oggi l' azienda non ha purtroppo colmato il suo ritardo sull' unico obiettivo che può consentire davvero al settore di ripartire: modelli a basso costo, a basso consumo e a basso impatto ambientale. E' di questo che si è parlato al Salone dell' auto di Parigi ed è su questo che tutti i costruttori saranno chiamati a misurarsi».
Per cambiare sviluppo, però, ci vuole tempo. Nell' attesa, che cosa pensate che si possa fare?
«Gli enti locali possono sforzarsi con le forze residue, ma hanno già fatto ciò che potevano nel 2002 e ora subiscono tagli pesantissimi. Misure di sostegno al reddito devono essere prese a livello nazionale: la quota pagata ai lavoratori in cassa integrazione è scesa negli anni, oggi nessuno può vivere con 600 o 700 euro al mese, bisogna discutere di un' integrazione a questa cifra».
Perché, allora, la Cgil minaccia di separarsi da Cisl e Uil e viceversa nelle trattative nazionali?
«La rottura sarebbe incomprensibile e grave per i lavoratori. In questa situazione non serve attaccarsi ai rituali e ai modelli contrattuali, ma proteggere il reddito di chi lo sta perdendo».
Prevede che oltre alle famiglie possano fallire anche delle aziende?
«Il modello dell' industria metalmeccanica è terribilmente chiaro: quando si ferma chi produce la materia prima o la conforma perché possa essere lavorata da altri fino al prodotto finale se ne fermano tre o quattro che sono a valle nel ciclo produttivo. Se si ferma chi lavora l' acciaio, in pochi mesi si fermerà chi produceva auto o lavatrici, come già accade alla Indesit di None».
Ma l' industria torinese non potrebbe salvarsi grazie ai nuovi mercati?
«Ne dubito. I contadini cinesi ai quali il governo di Pechino ha appena concesso una forma attenuata di proprietà non compreranno auto come le nostre, ma quelle del loro paese, che costano assai meno. Gli incentivi del governo potranno aiutarci nel breve periodo, poi però servono ben altre misure. E la battaglia contro le norme europee sull' inquinamento è di corto respiro: alla Fiat non servirà a nulla continuare a fare auto che inquinano, serve soltanto progettarne di più moderne».
 
(Repubblica, 18 ottobre 2008)

Airaudo

  • Giorgio Airaudo Giorgio Airaudo