05.02.2009
FIAT - 5000 impiegati in cassa per due settimane
Ancora cassa integrazione per i colletti bianchi del gruppo Fiat. Per la seconda volta il Lingotto mette a riposo forzato i suoi impiegati. Sta già succedendo in queste due prime settimane di febbraio per 2 mila di loro, capiterà di nuovo nella prima metà di marzo, dal 2 al 15, ma questa volta la misura toccherà 5 mila dipendenti in tutta Italia, cioè il 65 per cento dell´organico complessivo dei settori interessati.
Colpa di quei «movimenti erratici nel sentiment del mercato», come si legge nella nota sul quarto trimestre 2008, con cui Fiat ritiene di dover convivere in questo inizio 2009. Espressione in cui si racchiude un ragionamento lineare: non si vende, quindi non si produce, quindi non si lavora, né in carrozzeria, né in ufficio. Così arriva la cassa, che a marzo colpirà 3.058 dipendenti degli Enti centrali di Mirafiori, quasi tutti impiegati. Più altri 2 mila colletti bianchi di altre società del gruppo, alcune delle quali con uffici sempre a Torino. Si parla di Fiat Powertrain technologies, Fiat Purchasing, Sava (la controllata che si occupa dei finanziamenti).
Un brutto segno, che aumenta il livello d´allarme sullo stato di salute del Lingotto. «Sta succedendo quello che temevamo: la crisi si estende, la cassa integrazione aumenta», commenta Giorgio Airaduo, segretario Fiom-Cgil di Torino, che aggiunge: «Il governo non ha ancora fatto nulla se non confusione, la Fiat non dice cosa produrrà in Italia. Serve al più presto un tavolo a tre: Governo, azienda e sindacati». Ancora più preoccupato Roberto Di Maulo, segretario della Fismic: «Il rischio è che si passi dalla cassa integrazione ai licenziamenti collettivi».
«Di fronte a un calo del mercato dell´auto superiore al 35 per cento, meno male che c´è la cassa integrazione anche per gli impiegati» commenta il sindaco Sergio Chiamparino, che però invita alla calma: «Non si può continuare a dire che la situazione è grave, a lamentarsi. Gli allarmi sono già stati dati ed è inutile lanciarne altri. Ora bisogna capire cosa fare e agire rapidamente. Il governo deve fare in fretta». Secondo Alberto Cipriani, funzionario della Fim-Cisl, le due nuove settimane di cassa rappresentano «un fatto fortemente preoccupante, soprattutto perché va a colpire alcune attività che sono fondamentali per far uscire dalla crisi la Fiat. Pensare che strutture che lavorano per il futuro dell´azienda si fermino ci fa pensare che anche i progetti dell´azienda per uscire dalla crisi siano un pochino spuntati». E auspica: «Occorre fare in modo che i lavoratori utilizzino il tempo a disposizione per la formazione e la riqualificazione professionale».
La notizia, comunque, era già nell´aria dei corridoi di Mirafiori. «Ce lo aspettavamo», dice Fabrizio Amante, rsu in quota Fim, che spiega anche come negli uffici siano scattate forme di solidarietà: «Molti stanno utilizzando le ferie arretrate del 2007, in modo da evitare che i colleghi che non possono farlo non vadano in cassa».
Sulle spine c´è anche Luigi Arisio, il leader della marcia dei 40 mila, quella compiuta nel 1980 dai colletti bianchi della Fiat contro gli operai che in quel periodo erano sul piede di guerra. La crisi lo interessa da vicino: «Sono molto preoccupato, ho due figli alla Fiat tra gli impiegati che saranno interessati dalla cassa integrazione, anzi uno lo è già e proprio oggi è venuto a trovarmi per avere conforto». Eppure Arisio non perde la speranza: «Sono sicuro che alla fine la Fiat ce la farà, così come avvenne in passato».
(Repubblica, 5 febbraio 2009)
Colpa di quei «movimenti erratici nel sentiment del mercato», come si legge nella nota sul quarto trimestre 2008, con cui Fiat ritiene di dover convivere in questo inizio 2009. Espressione in cui si racchiude un ragionamento lineare: non si vende, quindi non si produce, quindi non si lavora, né in carrozzeria, né in ufficio. Così arriva la cassa, che a marzo colpirà 3.058 dipendenti degli Enti centrali di Mirafiori, quasi tutti impiegati. Più altri 2 mila colletti bianchi di altre società del gruppo, alcune delle quali con uffici sempre a Torino. Si parla di Fiat Powertrain technologies, Fiat Purchasing, Sava (la controllata che si occupa dei finanziamenti).
Un brutto segno, che aumenta il livello d´allarme sullo stato di salute del Lingotto. «Sta succedendo quello che temevamo: la crisi si estende, la cassa integrazione aumenta», commenta Giorgio Airaduo, segretario Fiom-Cgil di Torino, che aggiunge: «Il governo non ha ancora fatto nulla se non confusione, la Fiat non dice cosa produrrà in Italia. Serve al più presto un tavolo a tre: Governo, azienda e sindacati». Ancora più preoccupato Roberto Di Maulo, segretario della Fismic: «Il rischio è che si passi dalla cassa integrazione ai licenziamenti collettivi».
«Di fronte a un calo del mercato dell´auto superiore al 35 per cento, meno male che c´è la cassa integrazione anche per gli impiegati» commenta il sindaco Sergio Chiamparino, che però invita alla calma: «Non si può continuare a dire che la situazione è grave, a lamentarsi. Gli allarmi sono già stati dati ed è inutile lanciarne altri. Ora bisogna capire cosa fare e agire rapidamente. Il governo deve fare in fretta». Secondo Alberto Cipriani, funzionario della Fim-Cisl, le due nuove settimane di cassa rappresentano «un fatto fortemente preoccupante, soprattutto perché va a colpire alcune attività che sono fondamentali per far uscire dalla crisi la Fiat. Pensare che strutture che lavorano per il futuro dell´azienda si fermino ci fa pensare che anche i progetti dell´azienda per uscire dalla crisi siano un pochino spuntati». E auspica: «Occorre fare in modo che i lavoratori utilizzino il tempo a disposizione per la formazione e la riqualificazione professionale».
La notizia, comunque, era già nell´aria dei corridoi di Mirafiori. «Ce lo aspettavamo», dice Fabrizio Amante, rsu in quota Fim, che spiega anche come negli uffici siano scattate forme di solidarietà: «Molti stanno utilizzando le ferie arretrate del 2007, in modo da evitare che i colleghi che non possono farlo non vadano in cassa».
Sulle spine c´è anche Luigi Arisio, il leader della marcia dei 40 mila, quella compiuta nel 1980 dai colletti bianchi della Fiat contro gli operai che in quel periodo erano sul piede di guerra. La crisi lo interessa da vicino: «Sono molto preoccupato, ho due figli alla Fiat tra gli impiegati che saranno interessati dalla cassa integrazione, anzi uno lo è già e proprio oggi è venuto a trovarmi per avere conforto». Eppure Arisio non perde la speranza: «Sono sicuro che alla fine la Fiat ce la farà, così come avvenne in passato».
(Repubblica, 5 febbraio 2009)
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