07.10.2008

FAPA - I libri contabili in mano al tribunale

Fallita. Dal 2 ottobre scorso il tribunale di Torino sta esaminando i libri contabili della Fapa di Beinasco, leader europeo nel settore automotive per gli accessori auto: portabagagli, portabiciclette, portasci, proprietaria dello storico marchio dell'elefantino.

L'istanza di fallimento è stata presentata dai 24 lavoratori, in cassa integrazione ordinaria dal maggio scorso. Anche i 19 dipendenti dello stabilimento produttivo di Colaprico di Teramo seguiranno la stessa procedura. Una morte «annunciata»: pochi giorni dopo l'avvio improvviso della procedura, i lavoratori avevano manifestato davanti ai cancelli per denunciare la crisi in cui stava sprofondando l'impresa, al secondo posto a livello europeo nella costruzione di sistemi di portaggio per veicoli.

Quei timori, alla luce dei fatti, erano fondanti. Dai documenti contabili depositati in Tribunale sarebbero emersi, infatti, debiti complessivi per circa 12 milioni di euro. «La Fapa – protestano i lavoratori – era una fabbrica solida, con un prodotto affermato, storico, con clienti in Francia, Spagna, Germania. Il tracollo è del tutto anomalo, chiediamo alla magistratura di fare luce». Anche per i sindacati il fallimento della Fapa può essere considerato anomalo, rispetto al calvario delle altre imprese del settore automotive. «Ogni tentativo di concertazione è stato vanificato dall'assenza dell'azienda – tuona Paolo Fanni della Fiom – L'amministratore delegato è sempre stato irreperibile, non si è mai presentato a nessun tavolo provinciale e regionale». Da qui il sospetto che il declino dell'attività possa essere collegato ad un piano di speculazione sull'area, appetibile dal punto di vista commerciale.

In risposta dello sciopero, l'amministratore delegato Francesco Rossetti aveva ipotizzato spiragli di ripresa. «Non è la prima volta che in questa azienda si fa ricorso alla cassa integrazione – aveva affermato – E' in corso un piano di ristrutturazione». Nulla di fatto, invece. «Le trattative con importanti interlocutori, alle quali l'amministratore delegato faceva spesso riferimento – aggiunge Fanni – in realtà non hanno prodotto risultati. Forse erano solo fantomatici. Con un buco del genere nessun soggetto sarebbe mai entrato in azienda».

 

(La stampa, 7 ottobre 2008)

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