25.09.2008

DIRITTI IN PILLOLE - Il diritto di assemblea

I lavoratori hanno diritto di riunirsi nell’unità produttiva in cui prestano la loro opera, fuori dell’orario di lavoro, nonché durante l’orario di lavoro, nei limiti di 10 ore annue, per le quali verrà corrisposta la normale retribuzione. Migliori condizioni possono essere stabilite dalla contrattazione collettiva (1° comma dell’art. 20, legge 20 maggio 1970, n.300).

Tale diritto non è piovuto dal cielo per grazia ricevuta, ma conquistato con dure lotte nel tempo e solo dopo quelle del 1969 è stato introdotto nel contratto collettivo nazionale di lavoro dei lavoratori metalmeccanici dell’industria privata.


Questo diritto, sancito dalla legge 300/70 (meglio nota come “Statuto dei diritti dei lavoratori”), è il punto di approdo al quale i lavoratori sono giunti dopo aver vinto tante resistenze padronali nel tempo. Dal passa parola nei tempi bui, alla comunicazione sindacale durante la pausa per la refezione (ci sono testimonianze di riunioni assembleari, nei primi anni ’60, nell’intervallo per la refezione in ALENIA e comunicazioni di natura sindacale fatte da rappresentanti dei lavoratori al punto radio dell’azienda, la cui voce raggiungeva i lavoratori in mensa), alla riunione dei lavoratori in azienda fuori dell’orario di lavoro, all’accordo di far partecipare nei locali a disposizione della commissione interna i dirigenti sindacali (a metà anni ’60 in Olivetti fu consentito l’ingresso di dirigenti sindacali esterni nel locale messo a disposizione dall’azienda per la commissione interna).


Le accresciute esigenze di sviluppare la partecipazione dei lavoratori ai problemi sindacali e del lavoro hanno portato a forzare le resistenze del padronato all’ingresso dei dirigenti sindacali all’interno dei luoghi di lavoro: il fatto che un dirigente sindacale potesse parlare ai lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro, senza l’autorizzazione dell’ imprenditore, veniva considerato quale reato di violazione di domicilio. Le pressioni fatte dai lavoratori organizzati in sindacato prima e la contrattazione collettiva dopo hanno permesso di accedere con tappe successive al diritto di assemblea. Dal diritto contrattuale di riunione di lavoratori da tenersi dalla commissione interna nell’ambito dello stabilimento a quello di riunione con la partecipazione dei dirigenti sindacali in ambienti messi a disposizione dell’azienda fuori dell’orario di lavoro.


Emblematica e significativa è stata nel 1969 l’esperienza verificatasi alla FATME , azienda metalmeccanica di Roma, quando durante uno sciopero , i lavoratori sono usciti a prelevare ai cancelli il dirigente sindacale Bruno Trentin per portarlo all’interno dell’azienda per fare l’assemblea durante lo sciopero, affrontando il rischio di denuncia per violazione di domicilio. Sono seguite prime esperienze di assemblee fuori dell’orario di lavoro, effettuate all’interno dei luoghi di lavoro e con il contratto collettivo nazionale di lavoro dell’8 gennaio 1970 dei metalmeccanici (Industria metalmeccanica privata) viene normato il diritto di Assemblea che precorre l’art. 20 della legge 300 del 20 maggio 1970 sopra citata.


di Antonio Fragnelli

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