CRISI IN VAL DI SUSA: PERSI 1200 POSTI DI LAVORO
Nel
salone della biblioteca di Condove, venerdì
14 febbraio, si è svolta
un’assemblea
delle
lavoratrici
e
dei lavoratori
delle
imprese
metalmeccaniche in
crisi
della
Valle
di Susa.
Hanno partecipato oltre 200 lavoratori e erano anche presenti
esponenti delle istituzioni come l'assessore al Lavoro della
Provincia di Torino Carlo Chiama, il presidente della Comunità
montana Sandro Plano, e il consigliere regionale del Movimento 5
Stelle Davide Bono, oltre a numerosi sindaci della zona. Il deputato
di Sel Giorgio Airaudo, impegnato in Parlamento, ha mandato un
messaggio che è stato letto durante l'assemblea.
Nel
corso del pomeriggio, sono intervenuti numerosi lavori e sono stati
presentati i dati relativi alla situazione di crisi in Val di Susa:
sulle 53 aziende censite, dal 2008 al 2013 si sono persi
1.200 posti
di lavoro, passati da 5343 unità a 4126 (scarica i dati
completi ). Sono state poi presentate cinque
proposte per
fronteggiare la crisi: un tavolo
permanente in
Regione
Piemonte per
seguire con un’unica regia le diverse crisi aziendali; la
cancellazione
della
riforma
degli
ammortizzatori
sociali;
rifinanziare e rendere più appetibile per le imprese il ricorso ai
contratti
di solidarietà;
aumentare il rifinanziamento
della
cassa
in deroga;
sostegni
concreti alle
imprese
virtuose
che continuano a voler investire e produrre in valle. In conclusione,
è stato deciso di organizzare in primavera una grande mobilitazione
di tutte le aziende in crisi della Valle di Susa.
Edi
Lazzi,
responsabile della lega di Collegno della Fiom-Cgil, dichiara:
«È stata un'assemblea molto partecipata e i lavoratori hanno
particolarmente apprezzato l'intento di tenere insieme e affrontare
in modo organico le diverse crisi».
Federico
Bellono,
segretario provinciale della Fiom-Cgil, dichiara:
«In Val di Susa si tocca con mano che di fronte ad una crisi che
continua, un vero e proprio bollettino di guerra, occorre cambiare le
priorità nell'uso delle risorse: la prima necessità è rafforzare
gli ammortizzatori sociali per difendere il reddito dei lavoratori,
evitare i licenziamenti e riprendere una politica industriale in
assenza della quale le fabbriche continueranno a chiudere. La Tav si
conferma davvero un'opera tanto inutile quanto costosa che sarebbe
saggio avere il coraggio di mettere in discussione. Tanto più che le
tanto sbandierate compensazioni ad oggi sono null'altro che un'araba
fenice».
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